Secondo gli ultimi dati Istat e Confindustria il tasso di disoccupazione scende, ma la disoccupazione resta uno dei grandi problemi del Belpaese.
Secondo Luca Paolazzi, il capoeconomista di Confindustria, è stato recuperato un milione di posti di lavoro, ma le persone disoccupate sono ancora 7,7 milioni (in larga parte giovani e donne).
Il rapporto di Confindustria ‘Le sfide della politica economica’ lancia un messaggio positivo, ma la situazione pare ancora complessa da sanare.
Secondo i dati Istat nel secondo trimestre del 2017 gli occupati sono cresciuti di 78 mila unità (+0,3%) rispetto al primo trimestre, grazie all’ulteriore aumento dei dipendenti (+149 mila, +0,9%), in oltre otto casi su dieci a termine (+123 mila, +4,8%). Rispetto al secondo trimestre del 2016, si stima una crescita di 153 mila occupati (+0,7%), che riguarda soltanto i dipendenti (+356 mila, +2,1%), oltre tre quarti dei quali a termine (+278 mila, +11,2%).
Nel secondo trimestre del 2017, il tasso di occupazione delle donne sale al 49,1% sulla base dei dati grezzi Istat (+0,6 punti in un anno), in crescita per il quarto trimestre consecutivo: segna così il livello più alto registrato nelle serie storiche iniziate nel 1977.
Nonostante il recupero, però, la situazione occupazionale delle donne nel nostro Paese è tra le peggiori dell’Ue. L’Italia è penultima tra i paesi Ue28, con un divario di 13,2 punti rispetto alla media, prima soltanto della Grecia: le donne inoccupate, disoccupate e neet sono il 50,9%.
“L’inadeguato livello dell’occupazione giovanile sta producendo gravi conseguenze permanenti sulla società e sull’economia dell’Italia, sotto forma di depauperamento del capitale sociale e del capitale umano”: per gli economisti di Confindustria è “una emergenza” che alimenta la fuga dei cervelli.
La fuga dei giovani under 40 che faticano a trovare un’occupazione, produce una perdita di capitale umano stimata in 1 punto di Pil l’anno. E’ la stima del Centro Studi di Confindustria che spiega come nel “solo 2015, con un picco di oltre 51mila emigrati – dai 21mila del 2008 – la perdita si aggira sugli 8,4 miliardi”.
A questo si aggiunge la perdita associata alla spesa sostenuta dallo Stato per la formazione di giovani che hanno lasciato il Paese, pari a 5,6 miliardi. Se aggreghiamo i dati dalla scuola primaria all’università il totale arriva a 14 miliardi di euro.
Questi temi saranno ripresi anche al Secondo Convegno Nazionale sulle Professioni del Futuro, che verrà organizzato da Intribe a febbraio 2018.
Vi terremo aggiornati!