Dati statici e dati dinamici: ecco perché l’asset strategico delle aziende con i più alti tassi di crescita risiede nel possesso dei dati.
Il 22 Novembre abbiamo partecipato all’evento in Confcommercio Milano che faceva chiarezza sul valore dei dati e le opportunità di business ad esse correlate. Dopo aver chiarito la differenza tra dati, metadati, banche dati e big data, abbiamo spiegato quanto valgono le informazioni che persone ed oggetti lasciano ogni giorno in rete.
Fino ad oggi, quando si parlava di valore economico dei dati, ci si è sempre riferiti ai dati statici delle persone, ovvero ai dati socio-demografici che le caratterizzano e che tendenzialmente restano invariati per tutta la vita o quanto meno per molti anni (nome, cognome, sesso, professione, ecc.).
Secondo i prezzi medi di mercato delle banche dati che tracciano i dati statici delle persone, i dati di un manager uomo valgono mediamente 1 €, mentre quelli di un manager donna valgono mediamente 0,89 €.
Grazie all’Internet of Things, all’intelligenza artificiale, ai sensori e ai software sempre più in grado di captare informazioni, oggi tracciamo e trasformiamo in dati ciò che prima non era datizzabile, come il funzionamento di un motore nel tempo, la geolocalizzazione, i parametri di una persona nella vita quotidiana o le emozioni (espresse da like e emoji).
Le innovazioni tecnologiche e la digitalizzazione hanno notevolmente accelerato le potenzialità di archiviazione di dati da parte delle aziende. Dati che sono sempre più dinamici, ovvero mutevoli e in continua crescita.
Ogni giorno una persona immette spontaneamente (e più o meno consciamente) migliaia di dati nel web, nei database delle aziende o nelle APP. Quando navighiamo, comunichiamo nei social, ci muoviamo per il mondo e usiamo le APP, rilasciamo dati che indicano chi siamo, cosa facciamo, cosa pensiamo, come ci muoviamo nel mondo e qual è il nostro stato di salute.
Considerando che mediamente una persona ha iniziato a immettere i propri dati on-line circa 15 anni fa e che verosimilmente continuerà a rilasciare dati per almeno trent’anni, secondo le stime di InTribe ognuno di noi potenzialmente emette milioni di dati nell’arco della sua vita, per un valore di oltre 50.000 €.
I dati dinamici di un oggetto, invece, hanno un valore più limitato, perché legati a determinate funzioni e perché ogni oggetto comunica i propri dati per un lasso di tempo che mediamente va da uno a cinque anni. Secondo le stime di InTribe, i dati emessi da un oggetto valgono circa 7000 €.
I valori medi stimati da InTribe, società che analizza i trend e le innovazioni tecnologiche, è dato dalla conoscenza che si può ottenere dai dati (informazione) e dal relativo guadagno economico che possono trarne le aziende in grado di intercettarli, acquisirli, catalogarli e utilizzarli.
Il guadagno può essere nel fatturato generato dalle pubblicità (Facebook), nel fatturato ottenibile grazie a meccanismi automatizzati di upselling (“chi ha acquistato questo prodotto ha acquistato anche” – Amazon ne è stata assoluta pioniera), nell’incremento di fatturato e fidelizzazione ottenuti anticipando le esigenze dei consumatori (Tesco) o nella riduzione dei costi ottenuta grazie alle manutenzioni preventive definite in base a statistiche realizzate sui dati catalogati.
Chi possiede dati ed è in grado di utilizzarli proficuamente, ha la possibilità di ridurre i propri costi ed incrementare il valore medio dei clienti, creando un vero e proprio impero grazie ad essi. Non a caso le 5 aziende che detengono ad oggi il maggior numero di dati sono alcuni colossi mondiali: Google, Facebook, Apple, Amazon e Alibaba.